22 luglio 2005

Cosa sto ascoltando: Leo Ferrè, l'amore e la rivolta dei Tetes de Bois

Questa settimana ho provato a mettere sul piatto un disco relativamente recente, cosa che mi succede piuttosto raramente, considerando la qualità delle cose che circolano attualmente. Il disco in questione è Leo Ferrè, l'amore e la rivolta dei Tetes de Bois, uscito nel 2002. Beh, devo dire che occorrerebbe ripensare un po' criticamente i facili giudizi che si esprimono sulla scarsa qualità delle cose che ci sono in giro: il problema è che le cose che ci sono in giro non si esauriscono con l'immondizia musicale che in genere ci viene propinata dalle emittenti mainstream (MTV o i network radiofonici nazionali), ma esistono decine se non centinaia di musicisti eccellenti che fruiscono di scarsissimi passaggi radiofonici e televisivi e che propongono cose egregie, come nel caso dei Tetes de Bois.

C'è tutta una mitologia intorno a questo splendido gruppo di musicisti romani: dalla data esatta della loro nascita (15 febbraio 1992) al dove (un concerto in Piazza Campo de' Fiori, ovviamente sotto la statua di Giordano Bruno), dal come (un palco ambulante ricavato da un vecchio camioncino Fiat 615 NI del 1956, acquistato da un rigattiere), al repertorio (canzoni di Ferrè, Brassens, e le poesie musicali di Baudelaire).

Altrettanto mitici i loro progetti speciali: dai concerti muti allo zoo nella vasca delle otarie (1999) con cuffie stereo per gli spettatori, a concerti sulle biciclette, a quelle sulle scale mobili nelle stazioni metro di Roma (1995) o nei tunnel delle metropolitane di Roma e Berlino (1996 e 1997), o a performance artistiche lungo il tracciato di una ferrovia dimenticata e stazioni abbandonate del primo '900.

Insomma, quello che si dice un gruppo "on the road". E non potevano che essere loro a dirigere Stradarolo, Festival internazionale di Musica Teatro Danza Arte su Strada, giunto alla VI edizione, con ogni anno circa 300 artisti provenienti da vari paesi europei). E, di questi tempi, le cose migliori della musica italiana vanno cercate sicuramente tra i musicisti che si guadagnano l'esistenza attraverso la performance quotidiana piuttosto che nella ricerca del grande successo pompato da radio, tv e case discografiche.

Il disco in questione è un caso paradigmatico. Completamente snobbato dalle major tradizionali, venne pubblicato dal Manifesto nel 2003, al prezzo di soli 8 euro, reso possibile dalla mancanza di tutti gli orpelli che di solito accompagnano un disco "di successo": milioni di euro investiti in promozione, passaggi radiofonici e televisivi, servizi sui giornali. Cose che non fanno aumentare la qualità del disco, ma semplicemente te lo fanno divenire noto, te lo legano a specifici momenti ed eventi, te lo fanno sentire "proprio". E ciò funziona per uno splendido capolavoro così come la più orrida delle canzoni.

Fatto sta che il disco vende molto bene, e continua a vendere, superando tranquillamente le 20.000 copie, a dispetto della scarsa o nulla promozione, e del particolare canale scelto. Ma il disco non è mai entrato in alcuna classifica ufficiale, dimostrandone ancora una volta la logica falsificante, che facciamo esprimere dagli stessi Tetes de Bois: "Se un disco del genere fosse nelle classifiche sarebbe una dimostrazione di inefficacia per le major, quindi è chiaro loro devono censire solo quello che possono controllare. Questo disco non è mai passato neanche un giorno in playlist nelle radio famose che controllano il mercato discografico, eppure è stato venduto e acquistato allo stesso modo con grande passione e magari anche masterizzato".

Con questo disco, i Tetes de Bois hanno rispolverato il grande amore mai estinto degli esordi verso l'opera del grande poeta e musicista anarchico Leo Ferrè, autore maudit e misconosciuto, almeno in Italia. Come premio per il loro coraggio, e a dimostrazione della qualità di questo disco, vinsero il premio Tenco 2002 come migliori interpreti, e precisamente:
- Angelo Satta: leader e voce;
- Carlo Amato (basso) e Raffaele Murrone (batteria): autori delle complesse architetture ritmiche;
- Luca De Carlo (tromba) e Angelo Pelini (pianoforte): artefici delle atmosfere di ool jazz che pervadono diversi brani;
- Maurizio Pizzardi (chitarra).

E se ciò non bastasse, l'album ospita 3 musicisti altrettanto di valore: Daniele Silvestri in "Non si può essere seri a 17 anni", Nada in "La luna" e Francesco Di Giacomo con "Il tuo stile".
L'album include 14 brani, tutti eccellenti (a parte una piuttosto inutile ghost track), a metà strada tra la narrazione poetica, il cantautorato di vaglia ed il jazz. E' oltre una settimana che sto ascoltandolo continuamente, ed ancora non mi decido a cambiarlo.

Questa è la personalissima classifica di gradimento dei brani dell'album (tra parentesi, il numero di track):
  1. Sono chi sai (01)
  2. Non si può essere seri a 17 anni (04)
  3. La luna (10)
  4. Col tempo (09)
  5. Il tuo stile (06)
  6. Il battello ubriaco (12)
  7. Gli stranieri (05)
  8. L'albatros (03)
  9. Gli anarchici (07)
  10. La porta (02)
  11. Vent'anni (11)
  12. Jolie Mome (08)
  13. Come a Ostenda (13)
  14. Saint Germain de Pres (14)
"Ho la malattia nel sangue
vivo sempre sul momento,
quando il mio corpo langue
devo stare bene attento
i vent'anni che son mai
i miei anta sono corti
penso sempre a cosa fai
non c'è tempo per i morti.
Sono chi sai..."

Voto: 9/10

Articolo precedente della serie: The Shape of Jazz to come di Ornette Coleman

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