09 febbraio 2006

I cavalli di Caligola

Come tutti sappiamo dai gloriosi sussidiari delle Elementari, l'aneddotica travestita da Storia ci ha insegnato che Caligola fu quel simpatico personaggio che fece eleggere al Senato il suo cavallo. Beh, è niente rispetto a quello che consente l'attuale legge elettorale, approvata a fine legislatura dal Casino della Libertà, che se l'è appena fatta addosso (la legge, intendo, ma anche qualcos'altro, vista la paura di un esito rovinoso alle prossime elezioni). Ah, per inciso: pare che la vicenda del cavallo di Caligola sia una bufala. L'attuale legge elettorale è invece vera.

Un assaggio l'abbiamo appena avuto con la vergognosa ed autolesionista scelta di Martello d'Oro Pecoraro Scanio relativa alla vicenda del senatore Cortiana. Il buon Gianluca ne ha fatto una eccellente disamina tecnica in un commento all'articolo suddetto (e che potete leggere in fondo a questo post). Io mi limito invece alla mia solita divulgazione grossolana.

In sostanza, se i segretari di partito vorranno candidare i loro cavalli, non c'è assolutamente nessuno che potrà impedirlo (e la vicenda Pecoraro Scanio dimostra come si fa a candidare i propri asini). La legge asserisce che vengono eletti i candidati nell'ordine stabilito dalle segreterie di partito. I cittadini dovranno limitarsi ad apporre una X su uno dei simboli delle due coalizioni e non potranno esprimere nessuna preferenza sui candidati, nè all'interno di una lista e nè tra liste differenti. Niente. Non contano più un ca... Il trionfo per gli yes-men che verranno inseriti a piene mani dalle varie segreterie, che avranno il controllo assoluto su coloro che dovranno poi approvare le varie leggi.

Così come non contano più un ca... gli eletti, oltre agli elettori. Di quale autonomia potranno disporre i vari parlamentari-peones, miracolati dalla generosità del Gran Capo, all'atto della votazione su un determinato provvedimento? E se pur osassero farlo in uno scrutinio a voto segreto, il solo sospetto li renderebbe ineleggibili alla prossima tornata. E quale legame potrà mai avere un parlamentare con il proprio territorio se deve ingraziarsi, più che il favore degli elettori, il favore del suo padrino politico?

Dopo di me il diluvio, diceva quel tale. E grazie alla caricatura brianzola di quel tale, qui sta ormai piovendo a dirotto...

Vi lascio alle considerazioni più serie di Gianluca.

Prima questione.
La nuova legge elettorale ha indubbiamente soppresso i collegi uninominali e non parla di collegi (se non nel caso della Valle d'Aosta e del Trentino Alto Adige).

Giova però ricordare - innanzi tutto a me stesso - che la stessa Costituzione (artt. 56, ult. comma, e 57, comma 1, come modificati con l. cost. n. 1/2001) prescrive che l'elezione di deputati e senatori avvenga per circoscrizioni territoriali.
Di conseguenza, al fine di rispettare il dettato costituzionale, la l. 270/2005 ha modificato l'art. 1 del T.U. della legge elettorale per la Camera nel seguente modo:
"1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto ed uguale, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con l’eventuale attribuzione di un premio di maggioranza, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale nazionale".
La stessa l. 270/2005 ha altresì modificato la legge elettorale per il Senato, disponendo che "Il Senato della Repubblica è eletto su base regionale. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, i seggi sono ripartiti tra le regioni a norma dell’articolo 57 della Costituzione sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla più recente pubblicazione ufficiale dell’Istituto nazionale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi".

Come è possibile vedere, pur avendo soppresso i collegi, non sono state soppresse le circoscrizioni territoriali (che, al loro interno, funzionano approssimativamente come i collegi).
Ora, se è vero che res non sunt consequentia nominis, mi pare che nella sostanza - sul tema dei collegi/circoscrizioni - la posizione di Chartitalia non sia poi così lontana dal vero.

E veniamo alla seconda questione.

Scrive il nostro cultore delle scienze giuridiche: "Il ragionamento da fare era semplicemente questo: Pecoraro non vuole Cortiana, Cortiana non sarà eletto. Il proporzionale è una contingenza ininfluente in questo discorso".

Benché degno di monsieur Lapalisse, il primo tratto del discorso non fa una piega: Pecoraro Scanio non vuole Cortiana! Ritengo sommessamente che il seguito del discorso sconti un vizio di scarsa pertinenza logica. Il mio paziente e colto interlocutore, infatti, saprà certamente che non esiste un solo modello elettorale (sia esso maggioritario, sia proporzionale); e saprà anche che tra i vari modelli proporzionali quello prescelto dalla l. 270/2005 non è certo l'unico o il migliore possibile (ammesso e non concesso che ve ne sia uno migliore).

Chi scrive - sia detto per estrema chiarezza - non fa professione di marxismo (ché anzi si professa antimarxista) ed è da sempre diffidente verso i sistemi elettorali maggioritari (i cui effetti distorsivi non starò qui a spiegare). Ma al contempo il sottoscritto diffida delle soluzioni troppo facili.

La cosiddetta "prima Repubblica" è stata - ex multis - caratterizzata dalla costante presenza di una legge elettorale proporzionale. Inutile ricordare che proprio in tale disciplina una larghissima maggioranza di costituzionalisti e politologi (certamente ben più autorevoli di me) individuava la causa dell'instabilità degli esecutivi e, in ultimo, della ingovernabilità del Paese. Ed in effetti, cambiata la legge (nell'estate del 1993, se non ricordo male) la situazione è andata migliorando: non più governi "balneari", ma di lunga durata.

Oggi, però, dire che si ritorna al proporzionale è un errore gravissimo: la l. 270/2005 non ha affatto ripristinato la previgente disciplina elettorale, ma ne ha introdotta una completamente nuova. E la novità di maggior peso - almeno nella mia ottica - è costituita dalla eliminazione della cosiddetta "preferenza". Tutti ricordiamo - chi per memoria di un'esperienza diretta, chi per aver lungamente studiato la problematica - che fino al 1992 si poteva non solo esprimere semplicemente un voto di lista, ma anche corredare il detto voto (la croce sul simbolo) con l'indicazione esplicita del candidato di lista che avremmo gradito fosse risultato eletto.

Ecco: questa possibilità, nella nuova legge, non esiste più. Gli elettori voteranno per la lista - che so - del Pinzimonio, ma non potranno esprimere la propria preferenza per il candidato n. 25 della medesima lista. In tal modo il candidato n. 25 della lista non sarà mai eletto, se non allorché il partito abbia raggranellato tanti voti da consentire l'elezione dei 24 candidati che lo sopravanzavano nella lista elettorale. E questo sarà più facile nelle circoscrizioni elettorali (o, come imropriamente le ha definite Chartitalia, nei collegi) in cui il partito raccoglie maggior consenso elettorale, prescindendo totalmente dal gradimento che il candidato n. 25 del nostro esempio può personalmente suscitare tra gli elettori.

Tutto ciò per cercare - spero persuasivamente - di illustrare per quale motivo non ritengo vero che non vi sia differenza (ai fini dell'elezione del candidato n. 25 della lista... che potrebbe essere Cortiana o chiunque altro) tra maggioritario o proporzionale e, a fortiori, tra il nuovo ed il vecchio sistema proporzionale.

Un'ultima osservazione, se è lecito, la vorrei spendere per evidenziare che se, generalmente, un sistema elettorale proporzionale è più democratico di uno maggioritario, un sistema maggioritario garantisce maggioranze più stabili. La l. 270/2005 cerca la quadratura del cerchio - democraticità e stabilità - in modo piuttosto originale: vulnerando la democraticità del sistema proporzionale per almeno due ragioni.

In primo luogo, il risultato del voto - in termini di seggi assegnati - non rappresenta fedelmente il paese: da un lato il partito che ottiene la maggioranza relativa di voti si aggiudica la maggioranza assoluta dei seggi; dall'altro, la presenza di soglie di sbarramento (differenziate, a seconda della presenza o del difetto di vincoli di coalizione con altre formazioni politiche) determina l'estromissione dei partiti che non superano certe percentuali di gradimento.

In secondo luogo, l'impossibilità di esprimere una preferenza a favore di questo o di quel candidato di lista limita il diritto di voto dei cittadini, che non solo non possono eleggere chi ritengono più idoneo, ma non possono neppure far valere la responsabilità politica di chi - già eletto in passato - li abbia delusi. Per ripetere le parole di Chartitialia, messo a capo della lista un manico di scopa, se la lista raccoglie un sufficiente numero di voti verrà eletto il manico di scopa.

E, per concludere, vorrei sollevare un piccolo dubbio più che di illegittimità, si inopportunità costituzionale della nuova legge, che - a mio modestissimo avviso - si pone in conflitto con la logica del divieto di mandato imperativo (art. 67 Cost.). Non è chi non veda, infatti, che il sistema varato con la l. 270/2005 attribuisce alle segreterie di partito un potere immenso sulle candidature (con conseguente svuotamente del peso specifico del voto degli elettori). Potere che limiterà (ancor più di oggi) la libertà dei singoli eletti, la cui dote principale dovrà essere la sudditanza ai diktat dei vertici del partito. finanche la pratica dei franchi tiratori diverrà pericolosa, giacché basterà il sospetto di aver votato contro le direttive del partito per portare all'estromissione di un deputato o di un senatore dalle liste elettorali. E questo prescindendo totalmente dal consenso popolare che - in ipotesi - la condotta del tale parlamentare avrebbe potuto convogliare sul proprio partito.

Mi fermo qui, anche se potrei andare avanti a lungo.

1 commento:

InOpera ha detto...

Alle primarie avevo votato Ivan Scalfarotto, perché giovane, frizzante, con idee nuove, propositive ed un modo di parlare fresco e comprensibile ai piú.

È sparito.

Qualche anno prima, invece, avevo passato giornate intere a fare girotondi intorno al Parlamento, il Senato, il Palazzo di Giustizia, le scuole, le piazze. Ore ed ore a girare per reclamare una politica nuova, fresca, propositiva.

Sono spariti anche loro.

Durante quei girotondi, peró, mi ero trovato pure ad una manifestazione di un leader sindacale, insieme ad altri 3 milioni di concittadini. Tutti che chiedevano a lui un segnale di cambiamento, di politica nuova, fresca, propositiva.

Sparito. Qualcuno afferma di averlo rivisto nelle notti di luna piena nei pressi di Bologna!

Poi mi sono ricordato delle bandiere della PACE che sventolavano un po’ ovunque e che rappresentavano una larga fetta di movimenti di cittadini nuovi, freschi, propositivi.

Spariti.

Continuando a ritroso, questo mio viaggio, mi sono ricordato del magistrato super-eroe; anche lí tutti ad aspettarci una politica nuova, fresca, propositiva.

Sparito. O meglio, la sua sintesi dialettica gli ha ridotto il numero dei suoi seguaci a pochi “eletti”.

Cosí ho capito il perché, alle prossime elezioni, avremo candidati come De Mita (9 legislature), Bordon (5 legislature), D’Alema (5 legislature)...: loro non spariscono mai.

Ora mi sento piú tranquillo e leggero.

E non pensiate che la politica nuova, fresca e propositiva sia sparita al posto loro. No no no.

È solamente stata rinchiusa all’interno di un vasto programma elettorale di 288 pagine. Ovvio!!!

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